Dalle pagine dedicate alle Olimpiadi di Rio dei quotidiani del circuito del QN (La Nazione, Il Resto del Carlino e il Giorno) in questi giorni roventi di agosto, abbiamo imparato che le tiratrici con l’arco del team italiano hanno perso per un soffio il podio piazzandosi quarte. E abbiamo scoperto (amaramente) che il team è composto da “cicciottelle”.
Questa definizione pesa su una squadra femminile, di uno sport per niente semplice e già provato dalla sensazione di aver investito quattro anni a vuoto, avendo mancato il podio.
Non entro nei meandri della discussione che NON sarebbe certo nemmeno nata se si fosse trattato dei rispettivi colleghi maschi, come Mauro Nespoli, ad esempio. Al quale nessun giornalista sportivo si sarebbe sognato di appioppare un termine simile. Ma voglio riflettere su quanto la forma fisica pesi più del valore e della competenza di una donna, quando la si giudica (e anche parlare di giudizio fa schifo).
E ne parlo perché ne sono vittima costantemente. Perché donna, perché #cicciottella.
Quando entro in una stanza, per una riunione, per un incontro con estranei, soprattutto se c’è una presenza femminile di bel l’aspetto, la reazione è matematicamente di trovarsi isolata rispetto al resto del gruppo. Ho detto ritrovarsi e non sentirsi perche ho imparato ad essere più cazzuta: grazie a delle stronze. E a qualche stronzo. Che hanno provato a mortificarmi per emergere.
Salvo poi vedere mutati gli equilibri a fine incontro: una proposta ben studiata, uno studio preliminare degli argomenti dell’incontro o spesso semplicemente con una battuta spiritosa.
Ma questo la dice lunga sulla nostra cultura, su quanto sia la lancetta sulla bilancia a pesare il nostro valore, di persone e di professionisti, prima ancora Di mostrate di valere. E lo dimostra il fatto che un titolista (coglione? Inesperto? Stagista? Saputello? Giudicate voi) guardi ad un team sportivo olimpico e lo giudichi per le cosce importanti, per i sederi che si fanno notare senza minimamente pensare che quelle cosce hanno sorretto un corpo concentrato e un arco pesante che dovevano mirare al bersaglio, a distanza, con precisione chirurgica.
Ma in fondo il titolista ha solo dimostrato una volta di più che il cervello del nostro paese è programmato per mettere in evidenza COME sei piuttosto che CHI sei.
E allora vale davvero la pena emergere dallignoranza, studiare, sudare e investire su se stesse per alimentare la mente prima che il corpo. Costruire l’anima prima che la carne. Perché e proprio l’ignoranza la pochezza che non è spazzata via da una laurea, che non si colma coi soldi, a imperare nella vita di troppe persone. Ma soprattutto, dal mio punto di vista e dalla mia esperienza personale, dalla mente di molte donne.
Donne che si sentono migliori di altre perche coltivano il corpo come un tempio a suon di insalata, porzioni microscopiche e corse estenuanti, spocchiosamente dominando riunioni senza senso e noiosamente egoriferite. Oppure titaniche con altre donne deboli e sottomesse, sottomesse loro stesse da compagni di vita che le giudicano e le condannano per aver mangiato una fetta di pizza in più.
Questo, io credo, e il primo insegnamento da trasmettere alle bambine di domani e alle adolescenti insicure di oggi: la cura della mente apre porte che la schiavitu del corpo nemmeno vede da lontano.
E Liberarsi da certi soggetti tossici e già questo un passo avanti: che si tratti di amici, di colleghi o di pessimi titolisti di poveri quotidiani regionali ormai allo stremo.